Possiamo ancora definire il poeta? di Giancarlo Sissa

Possiamo ancora definire il poeta? di Giancarlo Sissa.

   

   

Possiamo ancora definire il poeta?
Il poeta ha un ruolo oggi?
Oppure possiamo dirci soltanto scrittori?
Chi è e che cosa fa oggi il poeta?
Il poeta è fuori dal discorso dei ruoli così come, tendenzialmente, è fuori dal discorso “economico” in generale. Credo si possa tentare di definirlo più per sottrazione che non con un formula pienamente significante. In un certo senso il poeta testimonia la possibilità di uno spazio mentale di libertà, è un traduttore di realtà plurali, incarna – anche socialmente – la tentazione dell’altro, del varco, di un oltre praticabile dal linguaggio. I poeti sono le finestre spalancate sul mondo. Anzi, sui mondi.

I nuovi testi poetici non funzionano bene sul mercato editoriale. I numeri delle vendite dei libri di poesia contemporanea sono molto bassi. Contemporaneamente, sono cresciute per numero le letture di poesia dal vivo; come esiste già un discreto numero di siti web che veicolano la poesia. Quali sono attualmente i mezzi e gli spazi della poesia?
Il mercato editoriale non promuove (purtroppo? per fortuna?) il” prodotto” poesia e risulta inoltre, almeno in Italia, fortemente condizionato da una mentalità abbastanza ottusa e povera di prospettive strettamente collegata a una gestione “narcisistica” del potere che mortifica una produzione di testi poetici qualitativamente molto buona. Pochi eletti presumono (pretendono) di compilare canoni e di inventare linee editoriali e i risultati si vedono. Per contro le letture di poesia sono generalmente riconosciute e frequentate dal pubblico perché in realtà la domanda di poesia, intesa come possibilità di dialogo e di incontro autentico e confronto – fra campi di tensione diversi – è molto alta. La poesia rappresenta ancora – malgrado i disastri delle neoavanguardie italiane – una possibilità di “autenticità”. Anche i siti web, nella loro esposizione e nel loro azzardo, parlano di un coraggio fatto di desiderio e pertinenza, in particolare per chi – e non sono pochi – non intenda arrendersi all’ipnosi delle mode e appiattirsi sul dato più banale dell’esistente (gli esiti qualitativamente disastrosi di gran parte della narrativa italiana contemporanea – a partire dalla moda del “giallo” – sembrano confermarlo). Il pubblico è meno fesso di quanto non pensino di solito gli operatori del settore. Poco resterà di quel che si va scrivendo in Italia da anni ormai, questo poco è quasi solo poesia e la si deve (dovrà) cercare fuori dai circuiti editoriali solitamente intesi (ed erroneamente) come particolarmente qualificati e prestigiosi. Il pubblico della poesia è altamente specializzato, non si fa incantare dal nome dell’editore. Le cazzate restano invendute.

Qual è il senso ultimo, la missione della poesia?
Non so se la poesia abbia una missione e il suo senso ultimo è in realtà il “primo”. Vale a dire l’inarresa disponibilità a vivere il linguaggio e la lingua in modo totale, frontale e senza menzogna con l’intenzione di restituire al mondo, almeno in parte, la vita che ci ha attraversati. La poesia è il solo modo di dire qualcosa che non si lascerebbe dire diversamente. È dunque, soprattutto, un percorso conoscitivo. L’incessante possibilità di altra vita e di dialogo non stereotipato.

                                  

Determination of Gender 1939 by Gordon Onslow-Ford 1912-2003

3 thoughts on “Possiamo ancora definire il poeta? di Giancarlo Sissa”

  1. Pienamente d’accordo. La lingua è ancora una speranza. Una speranza fatta parola, quando arriva a “essere”, grazie anche alla poesia. Il fatto di renderla “capace” ancora di “parlare”, ugualmente, diversamente. Grazie a chi mi ha segnalato questo link e a voi per la lettura interessante e chiara. Giampaolo Dippì

  2. ” La poesia è il solo modo di dire qualcosa che non si lascerebbe dire diversamente. ”

    credo che in questa frase che ho stralciato dal testo letto, sia contenuto tutto il significato della poesia.

    lei ha perfettamente ragione.

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