Intervista a Gemma Bracco, a cura di Luciana Moretto.
Come è entrata la poesia nella sua vita? C’è stato un momento particolare che l’ha indotta a scrivere versi?
La poesia era il mio mondo speciale sin da bambina. Il compito preferito era imparare le poesie a memoria e disegnare. L’attenzione all’ immagine e il desiderio di ritrovarla nelle parole credo che sia cresciuta con me. Alla scuola media il professore d’italiano ci richiedeva dei”pensierini” quotidiani su argomenti a scelta che poi venivano letti in classe. Già in prima media questo aiutava a superare il blocco della scrittura. Credo che abbia influito molto.
Quali sono i poeti che sente più vicini alla sua sensibilità? Ne può spiegare il perché?
I poeti mi piacciono tutti. Un elenco dei preferiti, italiani o stranieri, mi è impossibile.
Le radici stanno ben salde nella poesia del passato remoto e prossimo e anche nel presente
Mi dispiace potermi accostare alla poesia russa soltanto in traduzione.
C’è una cosa da dire, leggo molte opere in prosa. Sono molto sensibile alle qualità stilistiche dei vari poeti e tante volte devo metterli da parte per continuare nella mia strada e conservare se possibile una “cosiddetta “spontaneità.
Mi pare di aver letto che nel passato lei si è dedicata alla pittura: c’è – in tale suo percorso artistico – una qualche relazione tra poesia e pittura? (in effetti si nota, nei suoi testi, grande attenzione al colore, ai colori, nelle varie gamme e sfumature)
Sì, mi sono dedicata alla pittura su tela,su ceramica e ai monotipi.
Nelle mie giornate il colore è forse la cosa più importante. Guardo il cielo molte volte al giorno o il mare o il verde per non perdermi nessun mutamento di colore.
Come spiega l’intenso rapporto con il mondo vegetale quale si manifesta in tutta evidenza nella sua raccolta? E il rilievo dato al giardino?
Molti versi sono dedicati al giardino, al mondo vegetale, agli uccelli, agli insetti.
Mi piace molto prendermi cura delle piante e dei fiori.
Il giardino è il paradiso della creazione, è l’eden, poi diventato il segno del cadere e del risorgere, le foglie, gli alberi secchi, la morte dei più deboli, il coraggio delle piante grasse che resistono all’arsura, le gemme che d’improvviso bucano i rami morti, la sparizione, l’assenza, la primavera, tutta la vita, tutto il flusso della vita dell’uomo che è parte della natura.
Nella Musa del coraggio la Musa può indicare spiragli, spioncini, può far baluginare la sua amica presenza dietro i paraventi dell’ospedale, può parlare dal marmo di una statua o dalla roccia dell’isola, può trasformarsi come una Dafne da ninfa in alloro. Anche le pietre hanno una parte importante.
Per quanto la riguarda c’è qualche ora del giorno più favorevole alla scrittura?
Alla mattina rileggo e correggo. Verso sera scrivo qualcosa di nuovo. Alla mattina seguente posso anche cancellare tutto.
Ha necessità di una prolungata elaborazione dei versi e dei testi oppure ha una scrittura ‘facile ‘?
Dopo aver scritto abbastanza fluidamente, lascio lì il testo rileggendolo ogni tanto e poi tolgo e tolgo, il lavoro normalmente è quello di togliere o spostare. Posso rifarlo anche varie volte nel tempo. Qualche volta scrivo soltanto un nucleo di parole e lo sviluppo in seguito.
C’è qualche motivo particolare per cui – nella raccolta – si autodefinisce ‘esperta di solitudine‘?
Esperta di solitudine come chi scrive poesia. La poesia è un lavoro solitario che sembra non avere un risultato evidente. Continuare a scrivere senza riscontri è un atto di coraggio.
Pressochè latitante l’elemento umano: c’è un perché?
La Musa vive tutte le condizioni dell’uomo, la debolezza, la malattia, la rinuncia, lo scoramento, il deperimento, la fatica e anche il desiderio di perfezione.
Dopo aver impostato il poemetto sulla Musa, tutte queste condizioni sono impersonati da lei: il libro da un lato è anche un libretto di poetica, che vuole indagare il lavoro di chi cerca di creare qualcosa.
Ritiene di avere un rapporto particolare (consonanza, conflitto…) con la città di Roma?
Il rapporto con Roma è di appartenenza totale, perché Roma ti possiede.
Nel bene e nel male si afferma, ridimensionando i nostri problemi, facendoli apparire piccoli e transitori. E’ l’effetto delle rovine e della loro maestosa e ingombrante durata. Roma si sfoglia come un libro sacro. C’è dentro tutto, c’è tutta la storia, c’è decadenza e regalità, c’è mistificazione e anche crudo realismo.
E veniamo in ultimo alla parola chiave della raccolta ‘coraggio‘. Che cosa è per lei il coraggio e come si manifesta?
Un coraggio senza illusioni ricerca una luce, un senso, una melodia di riscatto dalla fragilità.
Il coraggio della Musa, o della creazione o semplicemente del vivere ogni giorno osa cercare sempre la perfezione anche nell’imperfezione e nel rifiuto, arriva ad accettare persino il silenzio e l’afonia.
Vuole lasciare qualcosa fuori dal tempo dove tutto passa e deperisce,vuole creare un cifrario,qualcosa che resti fissato per sempre come i punti luminosi del cielo stellato sia esso sul soffitto o sulla volta celeste.
Con coraggio la Musa passa il testimone come la tartaruga e gli uccelli cantori o rimane come un pigmento una tesserina di mosaico da riconoscere salvare e numerare.
Nella copertina tratta dal quadro di Picasso “La ragazza che disegna” la Musa sta lavorando, legge il mondo che la circonda e riesce a crearne un altro seppur piccolo vivo di vita propria. Né ogni disegno è un’opera definitiva, ma solo un gradino della ricerca né il risultato è assicurato.