La morte secondo Loriana D’Ari, Giuseppina Di Leo, Rosanna Gambarara, Paolo Polvani, Silvia Secco
Vi proponiamo il punto di vista sul tema del mese di diversi autori, con una sola poesia a testa, a esemplificazione e dimostrazione di come la parola poetica possa fornire una molteplicità di spartiti aderenti a un medesimo assunto.
Loriana D’Ari
A Paola
Sei andata via, ma la voce resiste
e propaga infinita oltre la fonte
tutto il mistero della cosa viva:
per sempre rideremo dei capelli
arruffati, per sempre dirai a presto
dal tuo ultimo vocale, nell’azzardo
del respiro la piena dell’affanno.
Prenderemo per vere le parole.
*
Giuseppina Di Leo
Nel sogno parlavo con i morti
e credevo morte le persone vive
un letto era aggiunto al mio letto
e lasciavo che altri
ultimassero il compito di saldarli.
Ti chiedevo infine:
Cosa fai, hai ripreso i tuoi studi?
Mentre una foto da giovane
rimandava la certezza delle forme
perdute della giovinezza.
Ci ritrovammo.
Alla foce di un fiume
tronchi d’albero ostacolavano
altre acque giunte al mare.
Serbavano parole d’azzurro velate
chiare, pur confuse nella rena,
senza dubbio apparivano
nell’immergersi nel mare.
*
Rosanna Gambarara
Metempsicosi (2017)
…sarò forse domani
un grasso vermetto
beato nella polpa della mela
o un minuscolo ragnetto
che tesse la sua tela
nell’angolo
…sarò forse domani
un sasso carezzato dalla luce
su un umido greto
un vento irrequieto
uno scorpione truce
dalla coda insidiosa
una formica operosa
una cicala canora
una rosa
…sarò forse domani
il molle
svanire di una nota nel silenzio
un la
chissà
un re
un
si
bemolle.
*
Paolo Polvani
Fumo
Accadde in un aprile molto freddo, il fumo
della ciminiera era la mia mamma
che ora svolazzava a sbuffi dentro il cielo terso,
quel fumo disperso nel profondo azzurro, un fumo
che dichiarava più di ogni testo sacro, verbo di saggio,
quel fumo a fiotti dalla ciminiera, messaggio
esplicito più di mille parole, parlava
e nello smalto azzurro di aprile salutava, diceva
ciao come una piccola mano, sventolava
la promessa della vacuità che a tutti noi compete,
tutti ci abbraccia in un addio definitivo.
*
Silvia Secco
Hai bagnato le labbra della madre
Marta, perché potesse pronunciare
la fine. Immediatamente dopo
le nostre cattedrali si arrendevano
alle faglie e giù, nelle voragini
dei più profondi rinvii, prendevano
forma i dissesti, i latrati dei cani.
Aveva termine l’innocenza.
L’ultimo dei fiati ci spingeva lontani
gli uni dagli altri e dopo ancora
quando crollarono i muri, e i calcinacci
ci imbiancarono i capelli, diventammo
improvvisamente vecchi noi figli
senza essere cresciuti.
Da “Amarene” Edizionifolli 2019
*