L’ironia è una cosa seria, rubrica di N. Bondarenko: Parenti (Yoklux)

L’ironia è una cosa seria, rubrica di Natalia Bondarenko: Luca Parenti (Yoklux).

   

   

Benvenuti nella rubrica che parla di cose serie: parla d’ironia. Perciò, benvenuti nell’ironia. Entrate dentro senza diffidenza e senza pregiudizi. Sorseggiate la leggerezza utile a nascondere (magari, per pudore) la profondità della vita, usate la vostra immaginazione e cercate di non prendervi troppo sul serio perché in questo spazio c’è posto per qualsiasi espressione ironica e anche quella, ancor più rara, autoironica: esagerata, colta, improvvisa, spumeggiante o docile e lirica.
Benvenuti nello spazio dove non troverete mai le poesie di Sanguineti, Szymborska o Bukowski. «Vabbè», direte voi, «non sarebbe mica male?» Ma di loro è già stato detto/scritto tutto e anche di più. Infatti, non c’è niente di nuovo, nessuna novità sconvolgente, nessun miracolo letterario, niente di codificato come 2.0, perché la poesia ironica esiste da sempre. Ma c’è una percentuale minima di poeti che la scrivono. Perciò, benvenuti nello spazio di pochi, scelti… e viventi!
(Come vedete, la battuta vale non solo per i pittori…) N.B.

L’ospite di questo mese è Luca Parenti (Yoklux).

       

Per ‘scovare’ un poeta che scrive in maniera ironica bisognerebbe, probabilmente, essere come un cane; un cane da tartufo, sempre probabilmente (visto che la poesia ironica è una rarità ormai conclamata). Bisogna annusare, annusare, annusare… cercare, cercare, cercare… leggere, leggere, leggere…
Durante queste letture l’ironia o gli accenni ironici si captano subito. Per me sono come piccole scosse elettriche, mi fanno raddirizzare i capelli. O le antenne? È a quel punto che inizi ad approfondire, fare ricerche, come uno scienziato in balia di un virus, come un cercatore d’oro: passi le parole al setaccio, dai loro un valore preciso e decidi di proseguire con la ricerca di questo autore. (Così mi è già capitato con Fernanda Woodman, una poetessa che per nessuna ragione voleva rivelare il suo vero nome e che ha sempre usato il suo pseudonimo).
Questa volta mi è capitato uno pseudonimo che assomiglia più ad una formula chimica che ad un qualcosa di letterario: Yoklux. L’ho ‘scovato’ su Twitter, un posto generalmente creato per dare notizie e insolito per un poeta; venni attirata dall’immagine del profilo che vagamente mi ricordava Dmitri Shostakovich da giovane. Togliendo ‘vagamente’, scoprii che era proprio lui, il grande compositore sovietico ad essere riprodotto ed effigiato. Alla fine, per farla breve, dietro tutto questo ballo in ‘maschera’, si ‘nascondeva’ Luca Parenti: un poeta bolognese nato 41 anni fa e che oggi fa il tecnico elettronico.
Mi innamorai subito del suo blog “Poesia Yoklux” (https://yoklux.wordpress.com/); bianco, pulito, laconico ma ricco, semplice, interessante, pensante, curioso. Leggerlo è come leggere un diario quotidiano ma in poesia; la formula per presentarsi è azzeccatissima.
Alla fine poi, ci siamo conosciuti su Facebook (Benedetto Facebook che sei in terra, che sia santificato il tuo nome… Amen).
Luca Parenti (Yoklux) ha una storia curiosa: nel 1997 vince il VI concorso Navile (le poesie del Navile 1997, edizioni Mobydick). Negli anni successivi vive, come dice lui, in “clandestinità letteraria sotto l’oscuro pseudonimo Yoklux”. Ma anche in questa relativa ‘oscurità’ ci sono raggi di luce; le poesie, che almeno in apparenza sembrano per niente ironiche, rivelano (a volte) un’ironia sottocutanea molto ricca e, probabilmente, inconscia:
/son morto e non me ne sono accorto/ o  / qualcuno muore che mai hai conosciuto, qualcuno vive nell’anonimato e dimenticato / o  / i poeti son tutti di sinistra e sono un pochetto sinistrati /
Così come in questi versi, ogni sua poesia rivela un miglio di ironia più o meno nascosta. E non è per caso che Luca si autodefinisca “curioso umanista e cinico antropologo, creatore di versi che non vogliono ordinare il caos, ma anzi tentano disperatamente d’amplificane gli effetti e soprattutto di ironizzare sulle diffuse ed illimitate tragedie quotidiane”.
Una dichiarazione di intenti del genere dimostra anche senza volerlo – senza intenzionalità – in modo naturale, tutta la sua ironia e la sua autoironia (mi affascinano sempre le persone capaci di ‘autoironizzare’, la ritengo la dote dei pochi). Luca non ha paura di ‘colpire’. Non sgomita per apparire. Alcune poesie hanno un gioco piacevole di rime; questo gioco crea un ritmo che non è né rap, né jazz; è un ritmo speciale poetico-lunatico e scoordinato che affascina, attira e convince.

Alcune poesie:

   

La poesia cresce come il mare

La poesia non serve a nulla
come l’architettura del Borromini
le teste del Medardo,
la pittura nera di Goya.
il poeta è superfluo
inconcludente, imparziale, neutrale
abbellisce il giardino
come i nani, ed il giardino è già bello, il poeta
è una dieta.
il poeta crede in sé
il lettore nel reddito
nel calcio
nell’alcool.
il poeta è asincrono
sincopato
deteinato decaffeinato.
qual è quella bellezza
che dovrebbe salvarci?
la bellezza del suono della parola?
il timbro? il segreto?
quale significato recondito?

*

Scrivo troppo d’amore ultimamente

Dirti “amore” non saprò
ma ti guarderò, ti cucinerò
un senso ti saprò dare.
senza sospingere e trasalire.
gli infiniti limitando
e i palpiti, gli incostanti
i sibillini, gli inibenti.
con attimi convivendo
che il cuore azzannano
e tutto un altrove mondo.

*

Pigro bradipo

Sono orrendamente pigro
lo so, un pigro maledetto
anche adesso
sto facendo tutto con indolenza
inganna l’apparenza
ed il tempo
la nonchalance
del pigro bradipo
che non ammette stress
movimento disattento
tanto per.

*

Il degenere

Sorrido al genere:
la sindaca come l’amaca
una camicia senza manica
uomo senza costola
“uoma” senza spina
rosa senza sesso
parole senza nesso
sono maschilista
nella mischia
le basse parti
difendo.
Che incantevole disputa:
lo sputo mi sputa
futile e dilettevole
sarcastico, ma sempre
amorevole, distico.

*

           

John Frederick Kensett, "Cielo al tramonto", - in apertura "Tramonto", 1872, Metropolitan Museum New York
John Frederick Kensett, “Cielo al tramonto”, – in apertura “Tramonto”, 1872, Metropolitan Museum New York

4 thoughts on “L’ironia è una cosa seria, rubrica di N. Bondarenko: Parenti (Yoklux)”

  1. Lo seguo per il suo acume e originalità poetica. Sa destare attenzione e ne merita più di quanta gli viene dimostrata.

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