L’ironia è una cosa seria, rubrica di N. Bondarenko: Cimenti

L’ironia è una cosa seria, rubrica di Natalia Bondarenko: Matteo Cimenti.

   

   

Benvenuti nella rubrica che parla di cose serie: parla d’ironia. Perciò, benvenuti nell’ironia. Entrate dentro senza diffidenza e senza pregiudizi. Sorseggiate la leggerezza utile a nascondere (magari, per pudore) la profondità della vita, usate la vostra immaginazione e cercate di non prendervi troppo sul serio perché in questo spazio c’è posto per qualsiasi espressione ironica e anche quella, ancor più rara, autoironica: esagerata, colta, improvvisa, spumeggiante o docile e lirica. Niente satira però. Quest’ultima avrebbe bisogno di una rubrica a parte.
Benvenuti nello spazio dove non troverete mai le poesie di Sanguineti, Szymborska o Bukowski. «Vabbè», direte voi, «non sarebbe mica male?» Ma di loro è già stato detto/scritto tutto e anche di più. Infatti, non c’è niente di nuovo, nessuna novità sconvolgente, nessun miracolo letterario, niente di codificato come 2.0, perché la poesia ironica esiste da sempre. Ma c’è una percentuale minima di poeti che la scrivono. Perciò, benvenuti nello spazio di pochi, scelti… e viventi!
(Come vedete, la battuta vale non solo per i pittori…)

L’ospite di questo mese è Matteo Cimenti.

Matteo Cimenti è un poeta insolito (o ad essere insoliti sono gli altri, chissà?). Non lo vedi sgomitare nella smania di protagonismo. Fa qualche apparizione a Udine e dintorni, poi scompare. Non usa Facebook, cambia spesso il numero di telefono, mette in vendita il suo unico (per ora) libricino “La coda del Pavone”, che vende bene, e solo dopo alcuni mesi fa un’unica presentazione in una sala affollata. Si presenta come psicologo e compositore accanto al suo postfatore, che con la poesia non ha nulla a che fare – Franco Fabbro, neuropsichiatra.

Non so se Matteo capisce di essere un vero poeta o soltanto sta giocando a smentirlo. Nonostante le sue poesie non sempre siano autobiografiche, i suoi versi risultano credibili, tanto diretti da far sentire nudi, spogli, presi in giro con educazione.

“…Matteo Cimenti segue la lunga tradizione dei cantori delle vicende umane” ha scritto Franco Fabbro nella postfazione del libro. Io direi anche che la poesia di Cimenti è una poesia ostica, lucida e acquarellata, e in gran parte parla dello spirito. L’ironia è così sottile che quasi viene da chiamarla ‘letteraria’, incastrata com’è fra i drammi e le disgrazie quasi in un modo naturale.

Chi mai può temere l’Apocalisse
al giorno d’oggi – suvvia non scherzare
credi davvero di meritare tanto?
ben che ti vada direi che al massimo
puoi sperare in una crisi di pianto.

Matteo dice di non essere un poeta ironico, intanto è uno dei pochi che provoca il riso spontaneo del pubblico durante i suoi rari reading poetici. E non si smentisce neanche nella nota d’autore che si legge all’inizio del suo libro: “… alla poesia riconosco soprattutto questo suo fascino peculiare e irresistibile: è praticamente inutile, assolutamente inservibile ai fini della sopravvivenza. Senza, però, difficilmente si può affermare di poter vivere!” (Parole di un poeta-psicologo-musicista, Matteo Cimenti.)

      

Alcune poesie  dal libro “La coda del pavone” (2014, Giuliano Landolfi Editore):

      

Il languore mattutino
sopra le lenzuola calme:
dicono il mattino abbia l’oro in bocca
che chi dorme non piglia pesci

ma vuoi mettere una donna
con un branzino?

***

L’ultimo avvistamento
alle sette di ieri sera
sorrido come tutta la città sorride,
poi rido sul serio
quando una luce improvvisa
ferisce le persiane e la mia vita
sorpresa: stanno forse tornando?
gli Antichi Dei? o qualcosa d’altro
Ma a ritornare è solo l’auto
Della mia ex-moglie, pare.

***

La simpatica bilancia mi fa
un bel giorno: salite uno alla volta!
Ed è la volta buona che ho risposto
a tono: ho perso ben sessanta chili
e tutti in una volta sola, non sai
più contare? Uno, semplicemente
non sono magro ma – incontinente.

***

Io ti ho mancato per cinque minuti
Soltanto, e tu sei sparita per sempre.
È la solita storia e in tanti
ne hanno scritto prima e meglio
di treni persi e degli scherzi
del tempo. Mi ricordo appena
seduto a guardare altri treni
col giornale e un gelato in mano.
Forse manco di un istinto romantico
Ma il gelato era buono, e non ho pianto. 

***

Quel super chitarrista nientemeno
si è fermato un attimo per spiegare
che il brano fin lì suonato era pieno
zeppo di accordi su cui improvvisare

allora mi son detto anch’io potrei
comporre una difficile poesia
con tali dotte citazioni andrei
e intitolarla appunto: la poesia
difficile. Così puoi sempre dirmi
bravo, senza far finta di capirmi.

***

On. Guido Rossi
solito uscire con moglie ore otto
portone blindato, no vie di fuga
la colazione ore otto e quaranta
in via dei coralli, bar Flavio poco
affollato la fuga possibile
per via della fossa verso Navona
martedì sera l’amante al numero
dieci di via Monte Cucco con via
di fuga ottimale, no illuminato.

***

La vita va capita
per i tre quarti – almeno
se non l’hai mai vissuta:
un quarto di Gin
un quarto di Campari
un quarto di vermout.

                        

Branciforte, "Bottiglie di plastica", 2015, olio su tela - in apertura  "Gatto di Steinberg sulla panchina", 2013, olio, acrilico e papier collè su tavola
Branciforte, “Bottiglie di plastica”, 2015, olio su tela – in apertura “Gatto di Steinberg sulla panchina”, 2013, olio, acrilico e papier collè su tavola

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