Rapimenti: Rimbaud, di L. V. Stein

La rubrica di Lol Von Stein: rapimenti. Rimbaud.

 

Rimbaud – va detto – me l’ha regalato la scuola.

Non so se sia stato perché Verlaine l’aveva nominato “maledetto” , o per quel suo essere irriverente impavido eccessivo oltraggioso amorale ribelle (cacciato dai circoli poetici parigini – cosa aveva preteso dal mondo? E dai poeti?).

Quel voler demolire gli schemi.

rimbaud heroes

E quell’aria trasognata da “piccolo principe”, a 17 anni,  nella foto di Etienne Carjat, i capelli scomposti, lo sguardo trasparente.


E poi la continua fuga – dalla realtà “rugosa”, attraverso la poesia – e con la tenacia del proprio corpo – le altre fughe – dalla provincia prima – dall’Europa poi.
O quel vagabondare insieme all’amante per mezza Europa, scandaloso e irresistibilmente attraente.

Sarà stata la veggenza – posseduta? – teorizzata nella poesia (ancora a 17 anni) e quella frase – di per sé magica –  “sregolatezza di tutti i sensi” – o l’idea che la creazione produca conoscenza (o dimenticanza?) di sé.

O piuttosto l’essere stato giovane per sempre – avendo avuto in dono il destino unico e irripetibile di essere poeta per 5 densi anni e rimanere –   semplicemente – rimanere, in barba a tutti gli altri, i poeti invecchiati e dissolti.

Sarà stato perché il mistero attrae – perché di questo (anche) si tratta. Il silenzio – a 22 anni – come sia finito ad assassinare la poesia.  Ciò che è venuto dopo, i viaggi, l’altrove, l’altra vita, Cipro, Aden, Menelik.

La scomparsa, l’invisibilità.

Irraggiungibile. Cambiato. Cresciuto. Mentre in Francia si pubblicavano i suoi versi. E nasceva il mito.

E quell’ultimo triste ritorno, e quella sensazione di strangolamento che l’avrà preso nel momento della consapevolezza – quando il passato avrà irrimediabilmente occupato più spazio del futuro. (Ma pare che poche ora prima di morire, a Marsiglia, desse istruzioni per una nuova partenza).

E la poesia, che dopo di lui non sarà più la stessa, e quel suo caparbio vizio di voler aprire nuove vie a tutti i costi – sempre.

E i libri scritti su di lui, e i film, e le canzoni (quella struggente di Vecchioni, che è un’altra meravigliosa poesia).

Nel  ricostruire una cronologia sentimentale c’è sempre un po’ di incertezza, e molta, molta confusione.

Ecco – chissà.

Perché di Rimbaud ancora  tengo le parole come fossero una reliquia e penso a lui come al primo poeta e l’ultimo – amato oltre ogni misura.

Ringraziando il lettore per la pazienza (se è arrivato fin qui) propongo finalmente un brano.

E’ l’ultimo de “Una stagione all’inferno”, magnifico esempio di prosa poetica.

arthur rimbaud picasso drawing

***

Addio

Autunno già! – Ma perché rimpiangere un eterno sole, se siamo impegnati alla scoperta della chiarezza divina, – lontano dalla gente che muore sulle stagioni.

Autunno. La nostra barca elevata nelle brume immobili punta al porto della miseria, la città enorme dal cielo macchiato di fuoco e fango. Ah! Le vesti putride, il pane inzuppato di pioggia, l’ebbrezza, i mille amori che mi hanno crocifisso! Dunque non finirà mai quell’arpia, regina di milioni di anime e di corpi morti e che saranno giudicati! Mi rivedo, la pelle rosa dal fango e dalla peste, i capelli e le ascelle pieni di vermi e vermi ancora più grossi nel cuore, disteso fra sconosciuti senza età, senza sentimento…. Avrei potuto morirci…. Orribile evocazione! Detesto la miseria.

E temo l’inverno perché è la stagione del comfort!

– A volte vedo in cielo spiagge senza fine coperte di bianche moltitudini in festa. Un grande vascello d’oro, alto su di me, agita i suoi vessilli multicolori nella brezza del mattino. Ho creato tutte le feste, tutti i trionfi, tutti i drammi. Ho cercato d’inventare nuovi fiori, nuovi astri, nuove carni, nuove lingue. Ho creduto di acquisire poteri soprannaturali. Ebbene! devo seppellire l’immaginazione e i ricordi! Una bella gloria d’artista e di narratore che se ne va!

Io! io che mi sono detto mago o angelo, dispensato da ogni morale, sono restituito alla terra, con un dovere da cercare, e la realtà rugosa da stringere! Bifolco!

Sono ingannato? La carità sarebbe sorella della morte, per me?

Alla fine, chiederò perdono d’essermi nutrito di menzogne. E andiamo.

Ma nemmeno una mano amica! E dove procurarsi aiuto?

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Sì, l’ora nuova è almeno molto severa.

Perché posso dire che ho la vittoria assicurata: il digrignare di denti, i sibili di fuoco, i sospiri appestati si placano. Tutti i ricordi immondi svaniscono. I miei ultimi rimpianti si dileguano, – le gelosie per i mendicanti, i briganti, gli amici della morte, i retrogradi d’ogni sorta. – Dannati, se io mi vendicassi!

Bisogna essere assolutamente moderni.

Niente cantici: mantenere il passo conquistato. Dura notte! il sangue seccato fuma sulla mia faccia, e non ho nulla dietro di me, se non quell’orribile arboscello!… La lotta spirituale è brutale quanto la battaglia fra uomini; ma la visione della giustizia è il piacere di Dio soltanto.

Tuttavia è la vigilia. Accogliamo tutti gli influssi di vigore e di tenerezza reale. E all’aurora, armati di ardente pazienza, entreremo nelle splendide città.

E parlavo di mano amica! Un bel vantaggio, posso ridere dei vecchi amori menzogneri, e svergognare quelle coppie bugiarde, – ho visto l’inferno delle donne laggiù; – e mi sarà permesso  possedere la verità in un’anima e un corpo.

Aprile – agosto 1873

Rimbaud2

2 thoughts on “Rapimenti: Rimbaud, di L. V. Stein”

  1. stralcio :

    “La lotta spirituale è brutale quanto la battaglia fra uomini; ma la visione della giustizia è il piacere di Dio soltanto.”

    queste due righe perchè, per quanto poco ne possa comprendere un poveraccio come me di un genio come Rimbaud, mi sembra che nelle parole riportate si possa condensare il dramma di una vita lacerata tra la carne e lo spirito.

    una vita all’insegna dello scandalo, un libro solo per passare alla storia della letteratura.

    ho apprezzato questo ricordo fatto dall’autrice perchè lo si avverte ancora molto vivo nella sua mente e nel suo cuore.

    grazie

  2. il deragliamento dei sensi, l’ebbrezza di sondare l’insondabile, di esprimere l’inesprimibile, l’anticonformismo totale….é vero: dopo di lui (e di Baudelaire, Verlaine. Mallarmé) la poesia non é stata più la stessa e la parola, scrostata di ogni sovrastruttura culturale,si é caricata di significati altri, a volte di difficile comprensione. Se la scuola é riuscita anche solo a far capire ed amare autori come Rimbaud….che dire…chapeau. anch’io, come Luigi38, ho apprezzato le riflessioni dell’autrice.

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