Rock poetry by Sf: Autoluminescent
Un ragazzino pallido. Emaciato. Filiforme. E’ così che devono essere i puri geni del rock?
Quelli alternative, dark, underground, per vocazione genetica?
Quelli davvero sotto. Nel buio. Capaci di vera intensa inesauribile luminosità.
Capelli neri. E quello sguardo, del tipo “uomo che cadde sulla terra”. Come venisse a chiedere spiegazioni. E non sapesse. Che noi, per le spiegazioni, ci affidiamo a quelli come lui.
Perché non sappiamo niente, noi. Non sappiamo perché i poeti e i musicisti debbano morire.
E perché noi dobbiamo morire, malgrado il rock.
E poi da grande – perché questo era diventato, solo un po’ più grande, qualche ruga attorno agli occhi e i capelli appiccicati alla fronte – il naso emergeva sul volto sempre più magro.
Si può morire la vigilia di capodanno?
Tutto quello che rimane è una bara bianca?
Rowland S. Howard
Autoluminescent
Sono abbagliante
Autoluminescente
Sono calore bianco
Sono provvidenziale
Ero un incubo
Ma lì non ci andrò
Mai più
Nel buco nero
La casa dell’infelicità
Datemi una meteora
Che mi sollevi sopra tutto il resto
Sono altissimo nello spazio profondo
Non esiste luogo migliore
Dove stare
Sono più grande di Gesù Cristo
Sono più importante di Dio luminoso
Sono pericoloso
Taglio come il più affilato dei coltelli
Sto andando oltre
E spero di poterla portare
Dentro di me
Nell’oscurità
Mi sto rivelando
Scivolato dalla scala a chiocciola
Ruzzolato giù dalla tromba delle scale
Sono caduto su di un punto morbido
Sono calore bianco, sono bianco rovente
Ancora
Ancora
Close you eyes, just listen…
In apertura Ivo Mosele, Tracce ri-composte.