Ceci n’est pas une pipe, di Claudia Zironi

Ceci n’est pas une pipe, di Claudia Zironi.

 

 

Ho stabilito un genotipo artistico e mi sono affidata – nota pro-googlista – al motore di ricerca google per trovare spunti e conforti alla tesi che qui voglio sostenere: l’arte dimora in una dimensione ideale dove estetica, credenza, comunicazione, tecnica, oggetto, materiali, pensiero sono intercambiabili elementi di un percorso sovraontologico.

Nella barra di ricerca ho digitato. “PIPA”.

Dal vocabolario Treccani ho appreso che:
“pipa1 (ant. o region. pippa) s. f. [dal fr. pipe, anticam. «cannuccia», e poi «cannuccia della pipa; pipa»]. – 1. a. Arnese per fumare costituito, nel tipo diffuso nei paesi occidentali, da un piccolo recipiente tondeggiante, detto fornello, nel quale brucia il tabacco e che si continua con una cannuccia (l’uno e l’altra spesso ottenuti dal medesimo materiale), a cui è unito un bocchino di altra materia, diritto o variamente ricurvo e terminante con un rilievo (dente) che circonda l’imboccatura attraverso la quale si aspira il fumo…”

Mi sono poi resa conto che dalla Cina al continente americano, la pipa, cavalcando le epoche, ha assunto significati sociali, religiosi e simbolici, i più vari.

Insistendo nella ricerca mi è venuto incontro Magritte con il suo Tradimento: “Ceci n’est pas une pipe” e poi ha fatto capolino Baudelaire con la sua poesia “La pipe” e subito dietro Léo Ferré che l’ha cantata.          

       

Umberto Saba ritratto in bronzo da Nino Spagnoli per la città di Trieste tiene in bocca la pipa: una scultura di pipa.
Quindi appaiono balletti, film, fotografie…  e l’oggetto stesso “pipa” in varie versioni di intaglio artigianale con svariati motivi decorativi.
Ogni arte ha assunto, da protagonista o di sponda, il genotipo “pipa”, l’indiscernibile attrezzo da fumo, rivestendolo di ben altri significati e ideali che non quello del mero manufatto. E ciascun artista ne ha sviluppato un proposta autonoma, utilizzando la tecnica che gli è propria per esprimerla. Non ci sono due interpretazioni creative di pipa uguali l’una all’altra.
Perfino in un dipinto astratto possiamo immaginare o intravedere le volute di fumo di una pipa.
Ma anche un compianto, una lavatrice, un cantante famoso, un barattolo di zuppa Campbell o la “merda d’artista” di Piero Manzoni.

Se dunque estetica, credenza, comunicazione, tecnica, oggetto, materiali, pensiero… sono irrilevanti nella loro singolarità per definire l’arte, che rapporto andiamo cercando, in questo numero di Versante ripido, tra poesia e pittura?
Forse nient’altro che l’artista, bizzarria genetica umana, o forse collante o contaminante, primigenia forza generatrice, incarnazione della pulsione dell’essere a esprimere la propria minutezza di fronte al grande Mistero. Forse null’altro che il grande Mistero stesso.

In apertura Biagio Cepollaro, “Icona-51”, 2015, Coll privata, Bollate

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