I ciliegi pazzi di Fukushima di Benny Nonasky

I ciliegi pazzi di Fukushima di Benny Nonasky.

 

Quando parlo di poesia civile, parlo di un’espressione verbale catalizzata verso una situazione sgradevole, spiacevole, non umana.

E’ semplice descrivere e non considerare. Molto più facile è riportare un fatto accaduto nel modo giornalistico e statistico dei media. Ma tradurre un male sociale in versi poetici è diverso. C’è bisogno di altro: immagini illusorie e amore.

In rosso cappelloQuando scrivo cerco sempre di offrire delle immagini simboliche e simboliste che possano offrire, senza troppo infierire e diventare splatter, un sentimento e un’afflizione che possa portare ad una reazione; anche successiva; anche, semplicemente, nella vita quotidiana tra uomo e uomo.

L’altro importante fattore è l’amore. Amore verso noi stessi e le cose che attorno ci vivono. La passione è il nettare della rivoluzione dei sensi che spinge la persona a conquistare, scoprire, denunciare. Se non ci fosse dolore non ci sarebbe l’amore, e viceversa. Quando succedono cose che in qualche modo mettono in relazione queste due emozioni, qualcosa si registra nel cassetto dove riposa il cuore. Questo comincia a battere e a mettere in movimento i muscoli del cervello e del corpo. Verranno compiute delle azioni. Ci saranno delle lotte. Tutte assolte in nome dell’amore contro il dolore.

Così fa l’uomo. Così fa la poesia. Tutto dipende dalla forza empatica che si riesce a donare e a concentrare nel messaggio che si vuole inviare all’altro.

Infine, aggiungo, che quando scrivo, ogni storia, ogni frammento che descrivo, ha in sé un Io poetico globale. Sono Io che divento quel dolore, quel grido, quel lamento. Sono Io che divento quella donna, quel bambino, quell’albero.

Io divento poesia e Io sarò quell’amore che combatte contro il dolore.

File photo of Acehnese man walking through debris left behind by last week's massive tsunami in the town of Banda Aceh

***

.I ciliegi pazzi di Fukushima.

(IV Inno)

Al Giappone

Little boy: bum!

Fat man: bum bum!

E poi? Poi:

 
1

14:45

ansia, accelerazione del suolo

terreste – terrestre unica la devastazione.

6 minuti; 360 secondi x 9 =

15.700 e oltre morti, morti morti.

Una carneficina avvistata –

naturalmente senza

data di scadenza sul retro –

riportata negl’annali dei pescatori,

dei geologi balbuzienti e dei superstiti di

quel che fu.    Kobe, 1995.

5:46

spasmo viscerale sardonico.

20 secondi. Una discesa frettolosa di scale

o uno sguardo perso dentro un’ostrica e,

puf!, 20 x 7 = 6.434 e oltre morti,

morti morti.

Non è una malattia che torna né

un’evoluzione sistematica di un calcolo numerico;

ormai è una condizione permanente,

costante.

 

2

“Signori e Signore, cari cittadini tutti,

caldi applausi dal grande show post-terremoto!”

(APPLAUSI!)

“Oggi, 11 marzo 2012, ricordiamo il tragico evento

accaduto proprio un anno fa – sì amici telespettatori:

proprio un anno fa! – quando la terra tremò e

il mare decise di azzannare le nostre meravigliose

coste. Ricordiamo i morti morti e lodiamo Noi e

il Governo per il suo enorme impegno nella

ricostruzione di questo sacro millenario paese.

Nessun sasso fuori posto.

Nessun tumore nel fegato delle balene. Ma

preghiamo e stendiamo tappeti di crisantemi,

e lanciamo verso il sole colorati origami a

forma di gru! Su, su: Ricordiamo.”

(SILENZIO!)

“Ok, ora spazio alle melodie vocali dei funzionari!

Un saluto al Premier Noda (APPLAUSI!)

Un saluto ai vertici della Tepco (APPLAUSI!)

Un saluto al beneamato imperatore Akihito (APPLAUSI!)”

E poi?

Una voce fuori campo:

“Perché autorità, politici e padroni della centrale atomica

non sono venuti qui a Takata, dove 20 mila persone sono

state inghiottite dall’oceano, nei villaggi spazzati

via o tra i reattori che giurano di aver spento?

Hanno paura dei sopravvissuti,

delle radiazioni, oppure si

vergognano?” *

 

3

Ho delle ali. Non le voglio più.

Mi interessano le falde acquifere, ora.

Nuoto tra i cadaveri dei pesciolini

rossi nell’acquario di casa mia.

E’ un rudere contaminato. Come i miei sogni

(altre voci fuori campo). Come quello che sarà –

un’astronave per il rene,

una teca per i polmoni,

un ramo per appendere l’utero.

Traccia tema scolastico:

“Parlami di cosa hai fatto ieri.”

Risposta breve al tema scolastico:

“Misuravo la mia capacità d’urto

mentre ascoltavo le trucidanti promesse

profuse dal vento che partirà domani.”

E poi?

 

4

Minamisanriku.

Sono arrivato e nessuno mi ha accolto.

Camminando, solo il mare mi rivolgeva parola.

Bastardo assassino.

Lui sa, io so.

Lo sanno tutti e chi lo pensa diventa muto.

Stritola l’esofago. E’ come annegare,

bastardo assassino.

Le ruspe e gl’atomi hanno fatto e faranno

un buon lavoro, madre e padre?

Un lavoro inutile.

Un salvagente mentale;

una rinascita precoce, virtuale.

Un lavoro inutile.

 

5(0)

1/2/3/4 reattori di dichiarata superiorità

come la sicurezza, l’intoccabilità, la

benedizione di un futura rosa

come rosa i ciliegi pazzi sniffanti

trasparente polvere radioattiva che

l’aria svende e sponsorizza in eterno concerto.

Band dell’infinità: Iodio 131.

Addio campi di fragole e mandarini.

Addio miei dolci nishikigoi*.

Quel che permane sarà Dimora del Vuoto,

dimensione che assurge a Realtà ultima

e non si spegne.

 

6

“Finiamola qui, allora.”

“E poi?”

Poi benvenuti a bordo del treno delle assenze,

tra lo sguardo vacuo dei vivi,

nel chiassoso centro commerciale dove si acquistano

sorrisi contro l’insicurezza viscida del domani.

Ho letto tante cose brutte nel Registro della Memoria.

Ho voltato pagina e non c’era altro che un

foglio bianco.

Ma non ho trovato penne per scrivere

un’altra Storia Nuova.

“Finiamola qui, allora.”

Iie* amore Iie.

Scaviamo immemori in un’abbacchiante

apatica devolution esistenziale.

(Poi?)

Cola via il bianco da pagina in pagina.

Onomatopeico il ricordo.

Stride la giostra ruotando in retromarcia.

Iie amore, non basta.

“E ALLORA?”

M’invento una rivoluzione: esco.

Vado un attimo in cartoleria.

APPLAUSI.

 
*

* Yasuo Matsumoto. Affermazioni riprese da un articolo di Giampaolo Visetti uscito sul quotidiano “La Repubblica”

* Nishikigoi: Carpe giapponesi addomesticate, allevate per scopi decorativi in stagni o laghetti da giardino.

* Iie: No, in giapponese.

Returning to home remains.

 

One thought on “I ciliegi pazzi di Fukushima di Benny Nonasky”

  1. Molto interessante:epos civile. Hai racconti su Donne e mafia? Lo faccio pubblicare. Per adesso ho rapporti con Lupo ed, che pubblicherà a breve Abbattere muri,storie varie e diverse di disagio psichico
    Se ti interessa… Il primo libro di racconti contiene anche un racconto di Benny

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